Cohousing e autonomie: esempi in Italia e problematiche

Il cohousing o co-residenza e le autonomie  

In un nostro precedente articolo dal titolo “Cohousing: una soluzione ai problemi dell’invecchiamento“, è stato trattato il tema del cohousing: nascita, evoluzione, caratteristiche e soprattutto è stato evidenziato come esso rappresenti un cambiamento nello stile di vita delle persone che adottano questo modello di abitazione.

All’interno di questo articolo vogliamo rispondere alla domanda con cui ci siamo lasciati, ovvero:

In Italia a che punto siamo con il cohousing e lo sviluppo di autonomie?

 

Il primo caso: Con-Dominio Sociale di Groppello D’adda (Milano)

La cooperativa Punto d’Incontro in collaborazione con l’Anffas ha dato vita ad un condominio molto speciale; situato sul Naviglio e circondato da esercizi commerciali e tanto verde sorge il “Con-dominio” solidale.

Grazie alle parole del direttore della cooperativa Vincenzo Baioni, in un articolo online del 2016, analizziamo il cuore del Con-Dominio Sociale.

L’idea dal quale nasce il progetto è quella di rendere le persone con disabilità padrone della propria libertà di vivere in autonomia rimanendo, comunque, unite in una situazione di condivisione che garantisca loro protezione e inclusione sociale.

La situazione abitativa è molto caratteristica in quanto al suo interno coesistono varie tipologie di utenze con esigenze specifiche, ogni persona, quindi, ha una progettualità specifica.

Progetti differenti tra loro che coesistono per un mutuo vantaggio, logistico e sociale, dando ad ogni utente la possibilità di sviluppare le proprie autonomie.

 

Il secondo caso: progetto di Cohousing “Vita Indipendente” di Città di Castello

“Vita Indipendente” è il nome di un progetto di cohousing nato in Umbria.

Il progetto è stato finanziato dal Fondo sociale europeo e l’idea è quella di creare un percorso di emancipazione dalle famiglie per tre ragazzi tra i 21 ed i 26 anni di età, affinché la disabilità di cui sono portatori non rappresenti più un ostacolo.

Con il supporto di un’assistente personale i ragazzi stanno iniziando la loro esperienza di vita autonoma.

Il percorso è una vera sperimentazione di situazioni di vita quotidiana, in cui i ragazzi vivono da soli in un appartamento nel centro storico della Città di Castello e si trovano dinnanzi alle sfide quotidiane di qualunque altra persona.

L’assessore alle Politiche sociali, Luciana Bassini, in queste poche righe di una sua intervista arriva al cuore del progetto:

Per loro la scommessa è gestire un Dopo di noi, fuori da strutture protette, una volta che la rete parentale si assottigli. Per gli uni e per gli altri significa sul piano dell’autonomia personale uno sviluppo delle abilità per limitare la richiesta di aiuto nella cura della persona ed abituarsi a vivere adeguatamente nella propria casa, collaborando nelle faccende domestiche e nella gestione della casa attraverso semplici compiti.

Conclude l’assessore:

Avere una vita indipendente è un’aspirazione legittima delle persone adulte anche se disabili. Il primo passo per garantire questo diritto è dare loro una casa. A Città di Castello abbiamo accettato la sfida e insieme alle famiglie stiamo lavorando perché questa sperimentazione cambi la percezione della persona disabile: da oggetto di intervento a soggetto di diritti, sogni, desideri, aspettative. Un ruolo fondamentale sarà svolto dagli assistenti personali e al loro impegno quotidiano.

 

Un progetto di cohousing finanziato dal Fondo Sociale Europeo

Il cohousing può essere un’occasione di incontro, scambio e inclusione tra persone di diverse culture.

E’ questo il caso di uno dei venticinque progetti personali di vita indipendente finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Interessante è un’esperienza nata a Meltina (BZ), dove nasce un appartamento molto speciale in cui vivono tre adulti tra i 45 ed i 55 anni, con varie tipologie di disabilità, e con loro c’è un ragazzo richiedente asilo, di nome “Mbaye“.

I quattro ragazzi vivono insieme nello stesso appartamento, Mbaye vive nell’appartamento di Meltina svolgendo il servizio civile.

Per gli altri tre ragazzi Mbaye è un punto di riferimento nella loro vita quotidiana, in questo modo il cohousing favorisce lo scambio e l’aiuto reciproco tra i conviventi anche di diverse culture

Lo scopo di questi progetti di cohousing è quello di trovare un’alternativa alle strutture protette, creare un “Dopo di Noi” diverso e incentrato sulla promozione delle autonomie.

 

Come si può contribuire? Il Welfare Governativo

È questo il caso in cui bisogna parlare di Welfare Generativo cioè un sistema sociale dove le persone con qualunque tipo di difficoltà e le loro famiglie diventano protagoniste attive del loro progetto di vita, sviluppando in un contesto di sussidiarietà e solidarietà le loro aspettative e le loro autonomie.

Il cohousing, nell’opinione di chi scrive, può essere un ottimo modo di pensare alle autonomie di persone con disabilità da un lato, e dall’altro iniziare a pensare al “Dopo di Noi”, in un’ottica che preveda il passaggio graduale della persona in un cambiamento costante.

Certo che non è facile pensare e attuarlo.

Iniziano però ad esserci diverse esperienze a cui riferirci, da cui prendere spunto per studiare il modello migliore per attuare il cohousing nelle diverse realtà e un supporto fondamentale per la loro realizzazione può essere il Coach Familiare.

 

 

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