Cohousing familiari: un’alternativa per il “Dopo di Noi”.

Un esempio di alternativa per il Dopo di Noi: i Cohousing familiari

Una delle domande che più spesso mi pongono è:

Per il Dopo di Noi, conosci qualche struttura?

La mia risposta solitamente è:

Perché una struttura e non un’altra soluzione?

La reazione può andare dallo stupore all’incredulità, perché molte persone hanno in mente come soluzione per il Dopo di Noi solo una struttura residenziale.

E se non fosse l’unica possibilità? Ci sono diverse sperimentazioni di case famiglia, di gruppi appartamento, e altro ancora che si sta cercando di studiare.

 

Cohousing familiari ovvero co-abitazioni 

Una soluzione per costruire il “Dopo di Noi” e contemporaneamente vivere meglio la quotidianità è quella di andare verso la costituzione di Cohousing familiari, ovvero co-abitazioni nelle quali il ruolo della famiglia è al centro, un percorso di condivisione di spazi e risorse basato sulla presenza dei caregiver familiari.

Se due o più famiglie decidessero di passare del tempo insieme, vi sarebbero molti vantaggi:

  1. Condivisione del carico assistenziale, rendendolo più sopportabile
  2. I figli imparerebbero a stare insieme ad altre persone che non siano famigliari
  3. Si spezzerebbe l’isolamento sociale delle famiglie
  4. Aiutandosi fra genitori, potrebbero aumentare gli spazi di tempo libero per i familiari
  5. Ci si potrebbe permettere l’intervento di personale qualificato, suddividendone il costo
  6. Si costruirebbe una rete di relazioni che può essere la base per costruire il Dopo di Noi

 

Da dove partire?

I cohousing familiari possono partire con la condivisione di alcuni spazi in alcuni momenti della giornata, senza per forza dover costringersi a convivere tutti insieme.

Non serve infatti pensare di acquistare una casa enorme in campagna dove trasferirsi cinque famiglie intere… basta molto meno.

Basta, ad esempio, costruire un laboratorio comune di attività dove ci si possa trovare in alcuni momenti della giornata.

Pensiamo ad esempio a 5 famiglie i cui figli frequentano un centro diurno che alle 16 li riporta a casa.

Se le famiglie si unissero e facessero attività comuni dalle 16 alle 20 anche solo per alcuni giorni alla settimana, immaginate che sollievo sarebbe in termini di assistenza? Ci sarebbero meno problemi lavorativi, meno problemi di gestione e avremmo probabilmente famiglie meno stressate e con una vita sociale più attiva.

 

I passi da fare per il cohousing familiare

I cambiamenti devono essere graduali, quindi non si può pensare di istituire un cohousing in breve tempo. Questi sono i passi da fare

  1. Analisi funzionale della persona con disabilità
  2.  Fare un’analisi delle risorse a disposizione della famiglia
  3.  Composizione della rete di famiglie
  4.  Condivisione di alcuni momenti della giornata

Esaminiamoli uno ad uno nel dettaglio.

 

Analisi funzionale della persona con disabilità

L’analisi funzionale si basa sulla necessità di identificare le autonomie possedute e quelle potenziali; sulla capacità di adattamento e di risoluzione dei problemi; di tolleranza alla frustrazione; di identificare le modalità attraverso cui una persona apprende, memorizza, ricorda.

 

Le risorse a disposizione della famiglia

E’ necessaria un’analisi delle risorse a disposizione della famiglia. La parola “risorse” va intesa in senso lato: ad esempio, una famiglia può avere come risorsa una casa grande da mettere a disposizione, un’altra può mettere a disposizione il tempo perché i genitori sono entrambi in pensione o non devono più lavorare, un’altra ancora avere a disposizione un piccolo appezzamento di terreno dove fare attività agricola, e così via.

 

Composizione della rete di famiglie

Bisogna trovare famiglie che siano compatibili fra loro per vicinanza, disabilità (o meglio, funzionalità) dei figli, risorse da mettere a disposizione.

I numeri dicono che le persone con disabilità in Italia sono circa il 5% della popolazione (stima molto approssimativa), per cui se abiti in un paese di 10 mila abitanti, vuol dire che almeno qualche centinaio di casi ci sono vicino a te.

Allo stato attuale, molte famiglie chiedono aiuto nel “fare rete”, ovvero nel conoscere e condividere le proprie vite.

Ogni genitore è il massimo esperto del proprio figlio, ma nulla sa del figlio di un altro.

Serve così un apporto professionale, una persona esterna e preparata che possa mettere insieme le diverse esigenze e combinare i diversi bisogni, aiutando alla nascita di nuove esperienze condivise di aiuto.

 

Condivisione di alcuni momenti della giornata

Ad esempio, si potrebbe iniziare a stare insieme alla mattina per fare delle attività comuni. Con il tempo si potrebbe allungare la condivisione e pensare di passare più tempo insieme.

 

Proviamo ad immaginare un cohousing familiare…

Proviamo ora ad immaginare quali situazioni potrebbero configurarsi:

  • Se un genitore si prende cura di un figlio/a con disabilità, non può mai lasciarlo solo. Se però ci si mette insieme e in una stanza ci fossero quattro persone con disabilità, basterebbero 2 o 3 persone per prendersene cura, “liberando” così tempo per almeno un genitore. Si avrebbe la certezza di lasciare il figlio/a con una persona fidata;
  • Si potrebbe coinvolgere un professionista per realizzare attività educative: questa persona sarebbe pagata dividendo la spesa fra più famiglie, con vantaggio per tutti;
  • Nel caso in cui un genitore dovesse assentarsi per un po’ di tempo (pensiamo ad esempio ad un piccolo intervento chirurgico da effettuare), il figlio/a sarebbe già parzialmente inserito in un ambiente per lui familiare, e quindi potrebbe adattarsi meglio alla lontananza momentanea.
  • Trovandosi in più genitori o parenti insieme, ci si fa forza a vicenda e si affrontano meglio anche le difficoltà. Ci si confronta, ci si parla e ci si dà una mano a vicenda.
  • Le persone con disabilità possono imparare a rapportarsi con altri, a condividere spazi e situazioni e ad adattarsi alle difficoltà e agli imprevisti. Competenza che in futuro sarà molto utile.

 

Dai Cohousing familiari…

Immaginiamo che un cohousing familiare nasca e, con il passare degli anni, gli spazi di condivisione aumentino sempre più.

Nel frattempo, i genitori invecchiano e le loro autonomie sono sempre più ridotte.

Quando i genitori non potranno più prendersi cura del figlio/a, questi potrebbe andare ad abitare presso il cohousing, posto che da anni frequenta e che è familiare per lui.

I genitori potranno andare a trovarlo, sapendo che è in un luogo sicuro. E con il tempo, i genitori caregiver familiari potranno essere sostituiti da personale qualificato, ad esempio educatori professionali, psicologi, e altre figure di riferimento.

 

… al Dopo di Noi

Quando tutti i genitori e parenti non saranno più in grado di prendersi cura dei figli, vi sarà personale qualificato a farlo.

Il risultato “finale” quindi sarà quello di avere i figli che vivranno in una casa a loro già familiare (per qualcuno potrà essere proprio la casa dove è vissuto), e avranno avuto il tempo per adattarsi ai cambiamenti.

Vi sarà inoltre un risparmio notevole dal punto di vista economico: si stima che una struttura di piccole dimensioni come un cohousing costi, in termini di mantenimento, circa il 22% in meno rispetto a una struttura classica, dove le rette possono essere anche molto elevate.

Non credete che ne valga la pena?

 

photo pexels pixabay

 

 

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