“Dopo di Noi”: chi avrà cura di nostro figlio disabile?

Cosa s’intende per “Dopo di Noi”?

“Dopo di Noi” è il termine col quale i genitori di persone con disabilità indicano il periodo che seguirà alla loro dipartita.

La persona con disabilità è vista, spesso, come un eterno bambino destinato a restare con la famiglia d’origine e ad invecchiare insieme ai genitori.

Quando però la differenza d’età si fa sentire, i genitori anziani avvertono la diminuzione della forza fisica e mentale iniziando a porsi domande angoscianti sul futuro del figlio:

Cosa sarà di nostro figlio quando non ci saremo più ad assisterlo?  Chi se ne prenderà cura in maniera adeguata?

Nonostante ciascuna famiglia trovi soluzioni proprie appoggiandosi ad altri figli o ai servizi pubblici, programmare il futuro per il proprio figlio disabile è motivo di forte preoccupazione che condiziona la qualità della loro stessa vita.

 

Il dibattito sul “Dopo di Noi”

Il dibattito sociale e politico sul tema del “Dopo di Noi” negli ultimi anni ha assunto forme e toni differenti.

Nel 2016 la problematica del “Dopo di Noi” torna ad essere di grande attualità con l’approvazione della legge n. 112/16 definita proprio legge “Dopo di Noi”.

La legge riconosce specifiche tutele per le persone affette da disabilità al momento della perdita dei genitori e si pone come obbiettivo principale quello di favorire il benessere, l’inclusione sociale e l’autonomia evitando il ricorso all’assistenza sanitaria.

Rendere concreta l’attuazione della legge 112 vuol dire offrire soluzioni adeguate per il “Dopo di Noi” agendo nel e sul “Durante Noi”, cioè quando le famiglie sono presenti e hanno energie sufficienti per occuparsi e per progettare il futuro del figlio.

Preparare il futuro vuol dire creare opportunità per la persona disabile.

 

Il nuovo approccio

Il nuovo approccio consolidato nelle politiche socio-sanitarie, considera la persona disabile non solo come necessitante di cure, ma come persone con speranze, desideri e necessità.

Parallelamente la famiglia deve essere vista come principale promotore del “progetto di vita”.

E’ necessario proporre interventi che riconoscano alla famiglia la stanchezza e il desiderio di “normalità” e che, contemporaneamente, dedichino attenzioni alla persona affinché sia in grado di scegliere, quando ne è consapevole, come distaccarsi dal nucleo familiare nel modo più naturale e meno traumatico possibile.

“Dopo di Noi”, infatti, è un’etichetta che sottende un altro tema: quello dell’autonomia e dell’autodeterminazione della persona con disabilità.

Un maggiore grado di autosufficienza favorisce un percorso indipendente dalla famiglia, oltre a mettere al riparo dai rischi dell’istituzionalizzazione.

Questo cambiamento di visione generale rende quindi necessaria una nuova visione della figura dell’operatore.

Gli operatori devono fare i conti non solo con le preoccupazioni esternate in forme più o meno esplicite dalle famiglie, ma devono “attrezzarsi” per offrire quelle soluzioni ritenute efficaci per costruire il “Dopo di Noi”.

 

Il “Dopo di noi” e gli aspetti relazionali

Da un’indagine sulle aspettative dei famigliari di persone disabili, effettuata dal Coordinamento centri diurni di Torino, emerge come si considerino di primaria importanza gli aspetti relazionali legati alla condivisione delle prospettive per il futuro, a partire dalla costruzione della memoria per conoscere, capire e rispettare la persona.

 

Gli aspetti relazionali, ritenuti fondamentali dalle famiglie, sono veramente tenuti in considerazione?

Per rispondere a questa domanda bisogna prima analizzare l’idea di “formazione dell’operatore” attualmente esistente.

Con la rivoluzione compiuta in ambito internazionale dall’Organizzazione Mondiale della Salute nel 2001, la persona disabile ha risorse e potenzialità che possono rimanere nascoste a seconda dell’ambiente in cui vive.

Il contesto può fungere da barriera, ostacolando il manifestarsi di queste risorse possedute oppure essere un facilitatore, incoraggiando l’espressione di queste potenzialità.

In questa nuova ottica la disabilità è intesa come uno stato di salute in un ambiente non favorevole.

L’operatore, quindi, deve essere consapevole di quanto la disabilità sia l’esito della relazione tra persona e contesto e che solo imponendosi come agente attivo sul contesto può mettere in atto interventi per “ridurre” la disabilità.

 

La formazione dell’operatore

Per un lavoro di tesi svolto presso la facoltà di Psicologia dell’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, sono state analizzate e confrontate diverse proposte formative per la gestione del “Dopo di Noi” da cui risulta come l’idea di formazione sia omogenea su tutto il territorio nazionale.

Gli iter formativi sono molto legati all’aspetto legislativo, logistico e strumentale, ma ancora troppo poco attenti proprio a quegli aspetti relazionali ritenuti fondamentali dalle famiglie.

È necessario quindi rivedere e innovare la formazione dell’operatore del “Dopo di Noi”, in modo da considerare anche quelli aspetti.

E allora, quale percorso formativo innovativo ed efficace, al passo con le aspettative dei famigliari, potrebbe essere proposto”?

 

Il metodo del Coach Familiare

Il metodo del Coach Familiare è una nuova proposta formativa per la gestione della disabilità e per la progettazione del “Dopo di Noi” che tiene in considerazione anche le variabili relazionali.

Per saperne di più su questo metodo vi suggeriamo di legere l’articolo di uno dei suoi ideatori, Pietro Berti, dal titolo: “Disabilità e sostegno alle famiglie: il metodo del Coach Familiare”.

 

photo da pexels

 

 

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