Empowerment e rete sociale: la storia di Sara. Seconda parte.

Rete sociale nel percorso di coach familiare di Sara

Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto come nel percorso di coach familiare con Sara sia stato necessario lavorare su empowerment e rete sociale.

Adesso approfondiamo come abbiamo lavorato per sviluppare la sua rete sociale, oggi molto nota con il termine inglese di “social network“, il gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali determinati da:

  • conoscenza casuale
  • rapporti di lavoro
  • vincoli familiari
  • amicizie.

 

Le autonomie all’esterno delle mura domestiche

Chiedo alla famiglia di stilare una serie di luoghi in cui Sara potrà esercitare le sue autonomie all’esterno delle mura domestiche, e mi impegno nel trovare una figura educativa che possa accompagnare Sara in queste uscite.

La mia scelta di non essere più io ad accompagnare Sara all’esterno è fatta non a caso e segue i principi del metodo del coach familiare.

Uno dei principi cardine di questo metodo infatti, è che il Coach familiare opera al fine di divenire inutile, fornendo sempre un autonomia maggiore alla persona con disabilità e alla sua famiglia.

I genitori di Sara ripongono molta fiducia in me, sarebbe rischioso continuare da solo questo percorso in quanto si potrebbe andare incontro a una sorta di mitizzazione per cui i familiari potrebbero essere erroneamente portati a credere che i progressi della figlia siano legati esclusivamente alla mia esperienza e professionalità e non siano dunque generalizzabili.

Questo è l’errore che voglio evitare.

 

Un’altra figura educativa accompagna Sara all’esterno

Sara deve essere autonoma a prescindere dalla mia figura, il suo percorso educativo deve essere riconosciuto come suo, non esclusivamente legato al mio lavoro professionale.

Chi lavora in ambito educativo conosce bene queste dinamiche.

Non si fornisce un vero aiuto alle famiglie se queste non possono vivere senza il nostro supporto, questa non è autonomia.

Mi impegno dunque nel trovare una o più figure educative che possano accompagnare Sara nelle sue uscite e chiedo alla famiglia di indicare anch’essi una serie di persone che potrebbero essere disposte ad accompagnare Sara.

La lista è lunga, ma la madre di Sara lamenta il fatto che alcune di queste amicizie sono completamente sparite a seguito dell’incidente.

La famiglia di Sara decide di assumere una figura educativa da me propostagli: Marta, una neo Coach familiare da me formata.

Marta avrà il compito di accompagnare Sara nelle uscite in autonomia, nonché di ricostruire una rete amicale ormai dimenticata per la ragazza.

L’umore di Sara migliora visibilmente e di rimando anche quello della sua famiglia. Sara ama uscire, è felicissima di questa ritrovata libertà.

Ancora però c’è molto lavoro da fare per consentirle di accedere almeno in parte alla dimensione di vita adulta che le appartiene.

 

Sara e la coach familiare Marta

Durante una di queste uscite avviene una svolta inaspettata nella vita di Sara.

Sara e la sua “educatrice” Marta, che è diventata un nuovo membro della sua rete sociale, sono sedute al tavolo del bar a sorseggiare una cioccolata calda e guardare la partita della sua squadra del cuore, quando nel locale arriva Lorenzo il padre di Sara.

Lei è contenta di vederlo, i due si salutano affettuosamente.

In quel momento Lorenzo viene raggiunto da un uomo che lo saluta calorosamente. A un certo punto della conversazione gli chiede:

E Sara come sta?

Lorenzo si gira e indica Sara super sorridente sulla sedia a rotelle.

L’uomo sbianca, è evidente che non vede Sara da anni. Si avvicina a Sara per salutarla e lei ne è felicissima. Sembra lo conosca.

Quest’uomo appresi in un secondo momento essere il maestro elementare di Sara.

Andrea, il maestro, è molto colpito dalla sua storia ed esprime la volontà di collaborare con la ragazza e con noi, per un intervento all’interno della sua scuola, la vecchia scuola elementare di Sara.

 

Sara, il suo maestro di scuola e il progetto scolastico: la rete sociale si amplia

Ecco che una vecchia amicizia di Sara, il suo maestro di scuola delle elementari, è tornata a far parte della sua rete sociale.

Il progetto a scuola si pone come un laboratorio interattivo con un duplice obiettivo:

  • Da un lato i bambini della classe del maestro Luca potranno conoscere Sara e venire a conoscenza del mondo delle disabilità;
  • D’altro canto, Sara potrà incontrare i bambini e confrontarsi con loro.

Sara si recherà in classe in tre momenti, sempre accompagnata da uno psicologo.

In un primo momento introduttivo lo psicologo di riferimento (io in questo caso specifico), si occuperà di presentare ai bambini il caso di Sara preparando la classe all’incontro con lei.

Il primo incontro tra Sara e i bambini si svolge nella palestra della scuola, una scelta fatta non a caso per evitare che la presenza di un estraneo sia troppo impattante all’interno della classe.

Successivamente a questo primo incontro in cui i bambini si mostrano molto collaborativi e incuriositi da Sara e lei molto felice.

Andrea invita Sara a partecipare a una sua lezione in classe, durante la seconda parte della lezione, con l’aiuto del coach psicologo vengono illustrati ai bambini gli interessi e le passioni di Sara.

Così Sara ai loro occhi non è più quella figura molto strana che avevano incontrato la prima volta in palestra. Sara è una persona, con i suoi interessi la passione per la musica, il calcio e le motociclette.

I bambini rispondono molto positivamente a questo laboratorio, sono curiosi e fanno domande.

Si chiede alla classe di realizzare un grande disegno di gruppo, in cui sarà rappresentato il loro incontro con Sara.

 

Il progetto in altre classi

Nella scuola si sparge la voce di questa iniziativa e alcuni insegnanti chiedono di allargare il laboratorio alle altre classi.

Così prende vita questo progetto ed è incredibile quello che avviene durante la festa di carnevale nel cortile della scuola, i bambini pian piano si avvicinano a Sara, hanno ora la chiave di lettura per comprenderla al meglio delle loro capacità ed è fantastico vederli fare a gara a chi debba spingere Sara per il cortile, giocare con lei e parlarci.

Tutto questo è una grande stimolazione per Sara, l’idea di sentirsi utile ed accettata nella società, arricchisce non solo lei ma anche i bambini e di rimando la scuola e la famiglia.

Questo è quello che il metodo del Coach familiare intende con attivazione di un processo di empowerment.

Un’altra grande conquista consiste nell’essere riusciti a creare una rete sociale, riallacciando i rapporti con alcune vecchie amicizie di Sara, anche la famiglia si mostra molto contenta di questo.

Il percorso di Coach si chiude con una ritrovata adultità di vita di Sara, a vederla ora con le sue amiche mi sembra lontano secoli il nostro primo incontro.

La parziale ricostruzione della rete sociale e l’impegno attivo di partecipazione nella comunità di riferimento, attuata con il progetto a scuola, sono un grande traguardo per Sara, per la sua famiglia e per le persone che hanno avuto l’onore di lavorare con lei.

 

Ph: by Priscilla Du Preez on Unsplash

 

 

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