Esempio di un Progetto di Vita personalizzato

Esempio di un Progetto di Vita: quando la personalizzazione diventa futuro  

Parlare di Progetto di Vita significa parlare di persone, non di servizi.

Significa chiedersi ogni giorno:

Cosa serve davvero a questo ragazzo per vivere bene, per crescere, per essere incluso?

In questo articolo vi presentiamo l’esempio di un Progetto di Vita personalizzato concreto e ben costruito.

E’ quello di Marco, un giovane adulto nello spettro autistico, con importanti bisogni di supporto, la cui esperienza rappresenta un esempio di come un Progetto di Vita ben costruito possa cambiare radicalmente prospettive e possibilità.

 

Chi è Marco? 

Marco è un ragazzo sensibile, legato alle routine rassicuranti e ai luoghi che ama.

Ha poca autonomia verbale, ma una grande capacità di esprimersi attraverso:

  • comportamenti
  • preferenze
  • gesti

 

il quali, se sono letti con cura, raccontano molto più di quello che sembrano.
Ama passeggiare, visitare luoghi culturali, impegnarsi in piccole attività pratiche.

Ha un suo modo speciale di osservare il mondo, spesso silenzioso ma profondamente autentico.

La sua famiglia ha sempre creduto nelle sue potenzialità, investendo energie, tempo, fiducia e chiedendo che anche i servizi facessero la propria parte con la stessa responsabilità.

 

Perché il Progetto di Vita è così importante?

Quando Marco termina la scuola, come accade a tanti ragazzi con disabilità complesse, la famiglia si trova davanti a un bivio: continuare a sostenere tutta la progettazione educativa in autonomia, oppure chiedere ai servizi pubblici di garantire finalmente ciò che la legge già prevede.

Il Progetto di Vita personalizzato nasce proprio per questo per:

  • dare continuità agli interventi,
  • assicurare che non sia la famiglia a dover reggere tutta la responsabilità,
  • costruire un percorso adulto dignitoso, personalizzato e accessibile.

 

Ecco allora che l’esempio di un Progetto di Vita personalizato, come quello di Marco, diventa un modello da cui attingere perché grazie ad esso non si parla più di semplice assistenza ma si incomincia a parlare di inclusione.

Sì inclusione perché Marco, come ognuo di noi ha dei desideri, perché Marco, come ognuno di noi, ha dei diritti che non coincidono con il fatto di ottenere un semplice elenco di servizi a cui attingere.

 

Cosa dice davvero la valutazione funzionale?

Le valutazioni cliniche e funzionali descrivono Marco come una persona che ha bisogno di supporto continuo, soprattutto per tre motivi fondamentali:

  1. Comunicazione e comprensione dell’ambiente. Marco utilizza modalità comunicative alternative: ha bisogno di chi lo aiuti a esprimere richieste, rifiuti, preferenze. Senza una mediazione competente, rischia fraintendimenti e frustrazioni.
  2. Sicurezza personale e gestione degli spazi. I luoghi affollati o imprevedibili possono metterlo in difficoltà. Un educatore lo aiuta a orientarsi, a spostarsi, a interpretare le regole implicite degli ambienti.
  3. Partecipazione sociale reale. Marco può partecipare ai gruppi, ma non può farlo da solo: ha bisogno che qualcuno lo aiuti a inserirsi, a cogliere le consegne, a regolare tempi e situazioni.

 

Questi elementi non sono “scelte educative”: sono bisogni strutturali, riconosciuti dalla valutazione multidisciplinare e pienamente coerenti con la sua diagnosi e il suo funzionamento./vc_column_text]

 

Il ruolo dell’educatore: una presenza indispensabile 

Per Marco, l’educatore non è un accompagnatore. Non è nemmeno un “aiuto in più”. È ciò che rende possibile la sua partecipazione alla vita quotidiana.

Grazie all’educatore, Marco può:

  • comunicare con strumenti adeguati
  • affrontare nuovi contesti senza ansia
  • accedere a opportunità culturali e sociali
  • prevenire situazioni di difficoltà o comportamenti di stress
  • mantenere abilità acquisite dopo anni di lavoro
  • sentirsi compreso e valorizzato.

 

Senza questa presenza competente, il rischio sarebbe quello di ridurre l’esperienza di Marco a una custodia passiva, priva di crescita e di relazioni.

 

Inclusione: non basta “stare”, serve partecipare

Marco ama camminare, visitare musei e chiese, osservare ciò che lo circonda con un’attenzione speciale.

Questi luoghi non sono “passatempi”: sono ambienti regolativi, che lo mettono a suo agio e lo aiutano a esprimersi.

Allo stesso tempo, frequenta attività sportive e piccoli laboratori che gli permettono di sperimentarsi, di mantenere abilità e di sentirsi parte della comunità.

L’inclusione di Marco non è teorica: è fatta di passi piccoli ma concreti. È la possibilità di incontrare persone, vivere spazi pubblici, ricevere saluti, sorrisi, riconoscimenti. Con il supporto giusto, Marco partecipa. Davvero.

 

Sviluppo personale: crescere è possibile a ogni età

Per Marco non si parla tanto di “imparare cose nuove”, ma di non perdere ciò che ha conquistato negli anni:

  • piccole autonomie,
  • abitudini funzionali,
  • capacità di partecipare a un’attività per un tempo sempre maggiore,
  • interesse verso ciò che è bello e significativo.

 

Il Progetto di Vita personalizzato lavora proprio su questo: mantenere, generalizzare e, quando possibile, ampliare le sue competenze, rispettando i suoi tempi e valorizzando i suoi interessi.

 

Il diritto a un futuro dignitoso

La legge parla chiaro: le persone con disabilità hanno diritto a un Progetto di Vita personalizzato, costruito insieme a loro e alla famiglia, e garantito dai servizi competenti. Questo significa:

  • continuità educativa
  • sostegni adeguati
  • percorsi non segreganti
  • partecipazione sociale reale
  • un ambiente che riconosce valore e potenzialità.

 

Il Progetto di Vita di Marco non è un documento formale, ma un impegno reciproco: famiglia e servizi che lavorano insieme per garantire la miglior qualità di vita possibile.

 

Non solo l’esempio di un Progetto di Vita, ma una storia che riguarda tutti noi

Questo che abbiamo presentato non è solo l’esempio di un Progetto di Vita, perchè quello di Marco non è un caso raro: quella di Marco è una storia che riguarda tutti noi.

Marco è uno dei tanti ragazzi che, arrivati all’età adulta, rischiano di essere dimenticati da un sistema che non è ancora strutturato per accompagnare le persone dopo la scuola.

Eppure, quando il Progetto di Vita viene costruito bene, succede qualcosa di straordinario la:

  • persona partecipa
  • famiglia respira
  • comunità si arricchisce

 

Il futuro di Marco è ancora tutto da scrivere, ma questo esempio di un Progetto di Vita dimostra che almeno Marco non deve scriverlo da solo.

 

ph di Yosi Prihantoro su Unsplash

 

 

 

Vuoi sapere come il Progetto di Vita può essere un supporto per adulti con autismo?

 

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