Partecipazione attiva: il cammino verso il cambiamento
La famiglia è un luogo importante, è il luogo deputato alla nascita e alla crescita di ogni persona. E’ anche il luogo che si lascia, (o che si dovrebbe lasciare) una volta diventati adulti.
E’ il luogo in cui i genitori forniscono supporto ai propri figli, è il luogo dell’impegno e delle opportunità.
Nell’ideale collettivo la famiglia è il luogo dove l’amore abbonda e dove va sempre tutto bene, un luogo perfetto.
La famiglia perfetta?
Molte persone però hanno, probabilmente, un’esperienza diversa: la famiglia può essere molte cose ma spesso non è perfetta.
Questo in realtà non è un problema. La famiglia non deve essere perfetta, deve essere reale e deve essere il luogo in cui ogni persona possa svolgere al meglio il proprio compito. I genitori devono avere la possibilità di essere genitori e i figli di essere figli, anche questo, per una serie di circostanze, non sempre è possibile.
Ogni famiglia, intesa come insieme di persone, ha delle dinamiche relazionali proprie e dei modi di rapportarsi con il mondo esterno, a ciò si aggiungono regole, ideologie, credo religioso e quant’altro: ciò che è normale, giusto e consueto per una famiglia, può non esserlo per un’altra.
Questo vale per ogni famiglia ma in modo particolare per le famiglie che hanno, al proprio interno, un membro disabile.
Un delicato equilibrio
Essere genitore non è una passeggiata: si impara strada facendo e non prevede scorciatoie o vie di fuga.
Quello che avviene spesso nelle famiglie con persone con disabilità è uno spostamento del baricentro, dell’attenzione, dell’equilibrio familiare verso il figlio disabile e verso l’idea di disabilità. Succede così che si pensa solo alla disabilità e al modo di viverla, giorno per giorno.
Pensare solo ed esclusivamente alla disabilità, alla fine dei conti, diventa qualcosa di logorante. Tutto il tempo e le energie mentali vengono investite in questa direzione e il resto passa in secondo piano.
Una volta innescato questo modo di pensare si va avanti così per anni.
A ciascuno il suo
E’ importante non focalizzare l’attenzione esclusivamente sul figlio disabile ma dedicare tempo ad ogni familiare in modo che possa vivere, il più serenamente possibile, all’interno della propria casa. Anche se ci sono delle difficoltà.
Se i genitori puntano i riflettori unicamente sul figlio disabile potrebbero privare della giusta considerazione gli altri figli e anche se stessi.
Ogni membro della famiglia ha diritto al proprio spazio, fisico e mentale, e necessita di attenzioni, sfoghi, divertimento e molto altro ancora.
Ad ognuno va dedicato tempo all’interno del nucleo familiare. Ognuno occupa un posto, nessuno è al centro ma dovrebbero essere tutti equamente considerati e trattati.
Ciò non significa prendersi meno cura della persona disabile.
Quando ciò non avviene risulta necessario ricollocare le persone, fare in modo che né il figlio disabile, né tanto meno, l’idea della disabilità oscuri gli altri membri della famiglia.
L’aiuto del Coach per la famiglia con disabile
Il metodo del Coach Familiare è un percorso di accompagnamento psicologico per famiglie fragili.
Il coach si reca a casa delle persone per osservare da vicino la situazione, il vissuto di ogni membro della famiglia e le problematiche che affrontano.
In questo tipo di percorso la famiglia ha un ruolo molto importante: è chiamata a partecipare attivamente. Infatti, solo con la partecipazione attiva la famiglia è in grado di camminare verso il cambiamento desiderato.
In base al desiderio del figlio disabile e anche della famiglia vengono suggerite una serie di attività pratiche.
A volte, partecipare attivamente può anche essere non fare qualcosa. Sembra un paradosso ma vi assicuro che funziona.
Se i genitori vogliono che il proprio figlio diventi autonomo devono imparare a non sostituirsi nelle questioni pratiche e soprattutto nelle scelte.
Se il papà di Mario vuole che il figlio impari a guidare l’automobile deve smettere di fare da chauffeur e dare al figlio la possibilità di guidare.
Se la mamma di Marta vuole che la figlia contribuisca alla gestione domestica deve smettere di fare lei tutte le faccende e lasciare che Marta si occupi di riordinare la sua stanza.
Partecipare attivamente è inoltre fornire supporto emotivo nelle scelte, anche in quelle difficili ma che favoriscono l’autonomia del figlio disabile.
Cambiare si può, e con il giusto accompagnamento è più facile.