Quando chiedere aiuto costa troppa fatica

Chiedere aiuto a volte costa troppa fatica: la storia di Edoardo e Catia

Edoardo è un ragazzo vicino alla quarantina con un problema fisico causato da un incidente d’auto.

È infatti tetraplegico. Vive con la mamma che si occupa di lui.

Quando lo abbiamo conosciuto era in una situazione di impasse: aveva dei desideri ma non sapeva come realizzarli. Sia lui che sua madre ambivano ad avere più spazio per sé stessi ma non riuscivano a vedere quale strada intraprendere per attuare tale obiettivo.

La madre di Edoardo, Catia, è una signora energica e super impegnata nella gestione della famiglia, della casa e degli aspetti sanitari del figlio.

Sin da giovane ha imparato a gestire da sola le proprie questioni e a fare affidamento soltanto su sé stessa e sulle sue forze. Questo atteggiamento però non le giova. Infatti si ritrova a volere qualcosa ma non sapere come chiederlo.

È così radicato in lei che non le permette di chiedere aiuto a nessuno.

 

Desiderare non basta, serve motivazione

Il suo desiderio non trova mai una realizzazione e in qualche modo si crea un circolo vizioso: lei si mostra forte ma vorrebbe un aiuto che però non chiede.

Chi le sta intorno vede soltanto ciò che lei mostra e non pensa che le serva nulla: così lei aspetta invano che qualcuno le offra supporto. Supporto che non arriva quasi mai.

I parenti di Catia sono abituati al fatto che lei se la cavi da sola e, probabilmente, non pensano al fatto che lei abbia la necessità di un sostegno esterno. E per questo motivo non le offrono una mano, anche se a lei serve.

 

Perché non riceve aiuto?

Spesso, questo accade alle persone che si mostrano forti e in grado di fare tutto da sole, che faticano a chiedere aiuto e che si mostrano indipendenti.

Chi gli sta intorno non percepisce il bisogno di necessitare di un appoggio.

È molto frequente che donne che portano un grande carico emotivo, lavorativo e familiare sviluppino sin da giovani l’idea che essere forti voglia dire non chiedere niente a nessuno. Danno a sé stesse e agli altri l’idea di potersela cavare da sole e anche se sono piene di impegni e situazioni da gestire non dicono mai no a nulla, prendono ulteriori impegni e fanno di tutto per portare a termine ciò che si sono prefissate.

Vengono anche lodate per la loro forza d’animo e prese come modello da altre persone, ma questo non fa altro che rinforzare la visione che loro, e gli altri, hanno di sé stesse.

Dopo un po’ di tempo ciò diventa uno schema mentale ed un modus operandi che rimane stabile per tantissimo tempo…forse per tutta la vita se non interviene qualcosa che porta luce nuova.

Queste persone spesso ignorano che la vera forza è esattamente il contrario di ciò che pensano: è essere consapevoli di avere bisogno, in un momento o nell’altro, di qualcuno su cui appoggiarsi o addirittura a cui cedere i propri compiti e problemi, qualcuno che si faccia carico del loro peso.

 

Dopo l’incidente…

Edoardo, dal canto suo, ha smesso di fare molte delle cose che faceva prima dell’incidente, compreso lavorare.

Data la sua condizione ha delle difficoltà a recarsi in alcuni luoghi ma è pur vero che nella sua zona potrebbe avere delle occasioni per svagarsi e anche lavorare, se solo le cogliesse.

Dall’incidente in poi, Edoardo ha cercato e iniziato vari lavori o stage ma dopo un po’ di tempo smetteva di andare. È sempre stato molto preoccupato per i suoi problemi di salute e degli spostamenti necessari per arrivare sul luogo di lavoro.

Poco prima dell’inizio del percorso di Coach Familiare, si presenta una nuova opportunità lavorativa. Edoardo sembra interessato ma non accetta subito, vuole prendersi del tempo per valutare ciò che più gli sta a cuore.

 

Il percorso di Coach Familiare

Durante il percorso vengono analizzati diversi aspetti della vita quotidiana di Edoardo e Catia, proponendo soluzioni efficaci a medio e lungo termine, in base alla metodologia del Coach Familiare.

Attraverso la presenza di un professionista in famiglia, è possibile osservare ed annotare le criticità presenti ed elaborare delle strategie volte a migliorare la situazione di vita.

La famiglia ha un ruolo attivo in questo percorso, motivazione e collaborazione giocano un ruolo decisivo per la buona riuscita del percorso.

In questa famiglia però non è stato così.

 

Superare le difficoltà

Edoardo sembrava molto felice di intraprendere il percorso, sin da subito ha manifestato con entusiasmo la sua adesione. Senza problemi ha parlato dei suoi desideri: in primis quello di volere che sua mamma avesse più tempo per sé stessa.

Il lavoro rientra in qualcosa che dovrebbe cercare, ma forse più per un senso del dovere che per una reale necessità o desiderio.

Infatti lui non parla mai apertamente del lavoro e non ha nessun tipo di motivazione nel cercarlo (infatti glielo cercano gli altri) e nel mantenerlo.

Da ciò che sappiamo, dall’incidente in poi sono stati gli assistenti sociali a cercare per lui un lavoro, provando a far sì che lo mantenesse ma i loro sforzi non sono serviti poi a molto. Come già detto, Edoardo ha provato diversi lavori ma non ne ha mai conservato nessuno: per lui è molto più importante e gravoso il fatto di essere in carrozzina e di doversi spostare per arrivare in qualsiasi luogo.

Catia, dal canto suo, sin dal principio non ha manifestato entusiasmo per questo percorso, affermava di non aver bisogno di un aiuto esterno. Raccontava al Coach di desiderare anche lei più tempo per se stessa e di aver bisogno di una mano da parte dell’altro figlio, ciò che le è stato proposto non ha trovato terreno fertile su cui attecchire.

Da un lato infatti c’era la grande voglia di Catia di liberare una parte del proprio tempo per tempo da dedicare a sé; dall’altro lato però la volontà di non chiedere aiuto a nessuno:

perché non l’ho mai chiesto, ce l’ho sempre fatta da sola!

Orgoglio? Forse. Sicuramente, nella storia di Edoardo e Catia è evidente la mancanza di capacità di Catia di saper chiedere aiuto in maniera efficace, puntando solo sul supporto dato dai servizi sociali. Infatti, nonostante il fratello e la sorella di Edoardo si fossero più volte detti disponibili a dare una mano, mai sono stati coinvolti nella presa in carico del fratello.

Nonostante vari sforzi, nulla è stato fatto per Catia, che ha rinunciato a qualsiasi aiuto, che non fosse l’assistenza domiciliare del Comune, della quale, detto per inciso, si lamentava perché:

troppo scarsa rispetto alle esigenze e così tocca fare tutto a me!

 

Come aiutare Catia allora?

Difficile dirlo ed è più difficile aiutare chi pensa di non aver bisogno di aiuto.

In psicologia uno dei capisaldi dice che:

non si può aiutare a cambiare chi non è motivato al cambiamento

E in parte è vero. Quello che però dobbiamo chiedere a Catia e alle tante persone che come lei sono in situazione di bisogno, è: aiutateci ad aiutarvi, fate cadere qualche vostra barriera rispetto all’essere aiutati.

E vedrete che la vita potrà essere più facile per tutti.

 

 

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