Mi chiamo Pietro Berti, sono psicologo e vivo a Ravenna.
Dopo la laurea e il dottorato di ricerca presso l’Università di Bologna (sede di Cesena), ho iniziato a lavorare nel campo della formazione, della consulenza aziendale e della progettazione.
Da oltre dieci anni mi occupo di disabilità: insieme ad alcuni collaboratori ho ideato nel 2010 il metodo del Coach Familiare, che da anni utilizziamo con efficacia nella zona di Cesena e dintorni.
La scintilla che fatto nascere tutto è stata la constatazione che le famiglie, soprattutto nell’età adulta dei figli, sono quasi sempre abbandonate a loro stesse. Insieme a Serena Cartocci, portiamo avanti i casi con la coop. Sociale Il Mandorlo di Cesena da diversi anni.
Insegno Psicologia di Comunità e Progettazione in ambito psico-sociale presso l’Università di Chieti-Pescara, e sono Amministratore e Co-fondatore della Start Up innovativa YB Formazione srls.
Sono passati dieci anni e forse più, da quando decisi di lavorare con le persone con disabilità e le loro famiglie. Dopo aver studiato molto, parlato con diverse persone e approfondito vari aspetti, mi accorsi che non c’era un metodo di lavoro applicabile a quello che desideravo fare, ovvero lavorare con le famiglie e presso il loro domicilio.
Le diagnosi della persona con disabilità sono utili o inutili? Le diagnosi sono utili per semplificare in poche parole una quantità di informazioni. Però limitarsi alla semplice diagnosi può essere molto pericoloso, perché si rischiano di trarre delle conclusioni affrettate e, forse, sbagliate.
Il Dopo di Noi si costruisce… durante noi! Il primo passo da fare, per ogni famiglia, è quello di provvedere alla stesura del Progetto di Vita Individualizzato. Come fare? Ne parliamo in questo articolo.
Condivido con voi il documento scritto per una famiglia, che ha costituito la base di partenza per la definizione del Progetto di Vita individualizzato, in seguito ad un percorso di accompagnamento con la metodologia del Coach Familiare.
Una soluzione per costruire il “Dopo di Noi” e contemporaneamente vivere meglio la quotidianità è quella di andare verso la costituzione di Cohousing familiari ovvero co-abitazioni nelle quali il ruolo della famiglia è al centro.
Empowerment mira a favorire l’acquisizione di potere, cioè accresce la possibilità delle persone di controllare attivamente la propria vita. Ecco come Sara sviluppa l'empowerment e s'inserisce in una rete sociale con un percorso di coach familiare.
Nel percorso del coach familiare è necessario sviluppare l'empowerment della persona lavorando anche sulle autonomie da esercitare fuori dalle mura domestiche e sulla sua rete sociale.
L'auspicio è che dalla manifestazione di Roma del 9 settembre 2021 si inizi un confronto fra Istituzioni, professionisti e famiglie, che sia meno sbilanciato di quanto non lo è oggi.
Guardiamo insieme la spiegazione di Pietro su…cos’è il Progetto di Vita e leggiamo poi da dov’è partito il progetto del Coach Familiare.
Abbiamo fatta nostra l'idea di Angela realizzare un Cohousing rurale in Umbria e, vista l'esperienza che abbiamo di progetti sociali, abbiamo iniziato a pensare come realizzarla: queste sono le nostre proposte.
Perché fare il progetto di vita della persona con disabilità? La legge prevede che, alla morte dei familiari di una persona con disabilità, questa venga presa in carico dai Servizi Sociali del Comune di residenza. È davvero sufficiente questa tutela per tuo figlio/a?
Come attivare un progetto di vita della persona con disabilità? L’attivazione del Progetto di vita si effettua mandando una PEC (posta elettronica certificata, che ha sostituito la vecchia raccomandata) al Comune di residenza, chiedendo l’attivazione del Progetto secondo la legge 328/2000, art. 14