Il Dopo di noi, come lo affrontano le famiglie fragili?
Il Dopo di Noi è un tema scottante, molti professionisti e politici si sono espressi a tal riguardo, ma cosa ne pensano le famiglie fragili?
Proviamo a fare una indagine e lo chiedo ad Arianna, madre di Donato, un ragazzo di 15 anni, autistico ad alto funzionamento.
Arianna inizia a parlare sorridendo e presentandomi il figlio. Mi racconta:
- della scuola che frequenta
- delle passeggiate che amano fare
- di quanto sia bravo a trovare scuse per non studiare.
Subito dopo il suo sorriso si spegne e inizia a parlarmi del futuro. Ha paura di invecchiare e poi morire perché pensa che Donato sarà solo e verrà sfruttato da qualcuno.
È delusa dalle istituzioni e dalle associazioni, è delusa dalla sua regione.
Arianna è scoraggiata a tal punto da pensare che i risparmi che sta mettendo da parte per il figlio saranno usati da altri.
Vede tutto come un’ingiustizia, anche l’essere nata in una regione piuttosto che in un’altra. La sua diffidenza è tale da guardare con occhi diversi le associazioni considerandole “bancomat dei ragazzi disabili”.
Si chiede che futuro avrà Donato, abbassa lo sguardo e chiede:
“perché lo Stato dovrebbe aiutarli? Sono solo una spesa.”
Non sopporta l’idea del futuro, di vedere il figlio rinchiuso in una struttura.
Da dove nasce la paura del Dopo di Noi?
Le parole di Arianna sono forti, crude, un pugno nello stomaco.
È Arianna stessa a spiegarci da dove parte il suo dolore:
La cosa che fa più paura non è la malattia ma la solitudine. Il problema non è la diagnosi ma come mio figlio viene visto nella società.
Più Donato cresce più lo vede solo, ma non può obbligare i suoi coetanei ad invitarlo poiché uscire con Donato è una responsabilità.
La testimonianza di Arianna coincide con quella di tanti caregivers. Le famiglie fragili si allontanano dal resto della società perché si sentono incomprese.
Spesso vivono una vita stancante, tra terapie, visite ecc., e hanno poco tempo da dedicare ad altre persone, o semplicemente non si sentono capite, così perdono i contatti.
Tale solitudine non riguarda solo i genitori ma anche i figli che spesso, terminati i percorsi di studio, perdono i contatti con i loro coetanei.
Il senso di solitudine aumenta pensando al Dopo di Noi.
I genitori non possono stare tranquilli, lasciando il figlio in un mondo dove nessuno lo conosce davvero, nessuno conosce i suoi gusti, il suo carattere ecc.
I vantaggi delle rete sociale per le famiglie fragili
A questo punto ci si chiede se ci sia qualcosa che può far tornare la speranza per il futuro.
Si, esiste, è la rete sociale.
Le famiglie fragili vanno aiutate a costruire una rete sociale.
La rete sociale offre un sollievo immediato nel presente e aiuta ad arrivare pronti al Dopo di Noi.
Gli studi sui benefici della rete sociale sono tanti e concordi con la correlazione tra quest’ultima e il benessere psicologico, per averne un idea si potrebbe leggere il libro “Fondamenti di psicologia di comunità”.
Rete sociale e Cohousing per il Dopo di Noi
Immaginiamo il caso di una famiglia con un figlio disabile, se si avessero occasioni di condividere esperienze con altre famiglie si potrebbero creare legami solidi.
Tutto ciò non è solo una ricchezza emotiva ma anche pratica, ci sarebbero tante persone che conoscono la persona disabile, che provano affetto per quest’ultima, che ne conoscono ad esempio i gusti e le piccole abitudini.
In sostanza questa semplice unione tra famiglie si tramuterebbe in un gran sollievo, il genitore tra mille preoccupazioni per il Dopo di Noi sa che il figlio ha tante persone che potrebbero controllare che tutto vada bene e che potrebbero comunicare tante informazioni utili ai professionisti che si rapporteranno al figlio.
Allo stesso tempo i figli si abituerebbero a contesti e persone diverse dai caregivers vivendo più serenamente una loro eventuale assenza.
Come costruire una rete sociale?
La storia di Arianna serve a far capire concretamente l’importanza della rete sociale nel Durante Noi e nel Dopo di Noi.
Ma adesso è lecito chiedersi: come può Arianna ricostruire una rete sociale?
È proprio questo uno degli obiettivi del Coach Familiare.
Il metodo del Coach familiare nasce grazie a Pietro Berti e Serena Cartocci, entrambi psicologi.
Dopo anni di ricerche e lavoro nel campo della disabilità hanno elaborato un metodo d’intervento che viene cucito su misura della famiglia fragile.
Lavorando con le indicazioni del metodo, il/la professionista può aiutare la famiglia a ricostruire una rete, a trovare collaborazioni e aiuti e a indirizzare la famiglia verso un futuro con più speranze, rafforzando le possibilità.
Il metodo aiuta la famiglia fragile a migliorare la qualità di vita nel presente e a pianificare il futuro, pensando a valide alternative all’istituzionalizzazione come il cohousing familiare, come illustrato da Pietro Berti nell’articolo Cohousing Familiare: un’alternativa al Dopo di Noi?
Cosa si potrebbe proporre, nel caso specifico, ad Arianna e Donato?
È possibile prepararsi al futuro?
È possibile pensare al Dopo di Noi con serenità?
Vuoi avere maggiori informazioni su rete
sociale e cohousing?