Progetti di Vita e inclusione sociale: sfide e opportunità per le persone con disabilità
Questo è il titolo del mio intervento, presentato alla Tavola rotonda, tenutasi venerdì 28 marzo 2025 al Teatro Snaporaz di Cattolica, “La vita adulta delle persone con disabilità. Progetti di Vita Autonoma e Dopo di Noi, le sfide da sostenere”, al quale sono stato invitato come psicologo esperto di Progetti di Vita e disabilità e ideatore del Metodo Coach Familiare.
In questo articolo riporto gli aspetti che ho esposto nel mio intervento, con il video.
Ho iniziato ricordando che abbiamo costituito una rete di professionisti, che lavorano con il metodo del Coach Familiare, che ho costruito ormai da più di 15 anni e con il quale abbiamo seguito ad oggi circa 500 famiglie ad oggi, lavorando in tutta Italia e facendo Progetti di vita.
Siamo una rete di consulenti, che affiancano le famiglie nel formalizzare i Progetti di vita, interloquendo con le istituzioni, affiancandoci ad esse. Non abbiamo una struttura, ad esempio centri residenziali, siamo solo consulenti, per non avere conflitti d’interesse.
Ci affianchiamo facendo tutta l’analisi del desiderio e dei bisogni delle persone e cercando di costruire il Progetto di vita insieme a:
- persone con disabilità e loro famiglie
- istituzioni
- ASL e tutti gli altri attori.
Di seguito il video della Tavola Rotonda svoltasi venerdì 28 marzo 2025 presso il Teatro Snaporaz di Cattolica in cui approfondisco l’argomento.
A nome di tutto il Team del Coach Familiare, desidero ringraziare la Dott.ssa Barbara Pasini, coordinatrice del Centro per le Famiglie distrettuale di Riccione, per il gentile invito alla conferenza.
La sensibilità e l’empatia sono essenziali, ma serve di più
Sono essenziali la sensibilità e l’empatia se si vuole lavorare con la disabilità, ma non sono sufficienti, servono le competenze e oggi le competenze nel sistema paese, nei servizi sociali, nei Comuni e nelle ASL purtroppo sono molto carenti, soprattutto in termini di progettazione.
Faccio alcuni esempi pratici.
Il Progetto di vita è un diritto individuale della persona dal 2000, quindi da 25 anni, ma ancora oggi, ci sono persone dei Comuni e delle ASL che mi dicono:
Ha visto che è stato rinviato il Progetto di vita al 2027!
Questo è davvero sconsolante, perché non è stato rinviato niente.
Nel 2000 è stata emanata la legge 328 e poi la legge 227 del 2021 ha ribadito, anzi quest’ultima “stressa” molto il concetto, che il Progetto di vita è il fulcro di tutto.
Addirittura la Corte dei conti, un organo amministrativo dello Stato, ribadisce con forza che il Progetto di vita è un diritto.
Le novità del Decreto 62/2024
Nel maggio 2024 viene pubblicato il Decreto 62 che presenta alcune novità molto interessanti, ma sul diritto nessuna novità.
Una di queste novità dice, ovviamente lo semplifico:
Visto che fino adesso ogni territorio faceva un po’ come gli pareva, scrivendo il progetto su format diversi, adesso è bene che ci sia un format unico a livello nazionale, quindi prendiamo delle province, lo sperimentiamo nel 2025 e nel 2026 diventerà il modello unico a livello nazionale
Il recente Decreto “1000 proroghe” ha spostato tutto di 12 mesi, dicendo sostanzialmente che la sperimentazione si fa nel 2026 e il modello unico nel 2027, ma parla della “sperimentazione del modello unico“, non del diritto al Progetto di vita, perché quello va avanti esattamente così com’è, dal 2000, e non è stato toccato nulla.
Le sentenze del TAR e la mancanza di competenze
La riprova di quanto detto sono le sentenze dei vari TAR d’Italia per mancata progettazione.
Quando una persona manda la pec e il Comune non risponde con una proposta in un tempo congruo, e a questo segue il ricorso al TAR, sapete quante sentenze in 24 anni sono state vinte dalla Pubblica Amministrazione al ricorso per la mancata progettazione?
Zero. La Pubblica Amministrazione le ha perse tutte!
Anzi noi le abbiamo perse tutte, perché come cittadini, quando il nostro Comune perde qualcosa, perdiamo anche noi.
Questo accade perché mancano tante competenze, in particolare le competenze tecniche.
Oggi infatti si fanno i progetti in maniera un po’ naif.
I Progetti di vita sono come i progetti di una casa
Vi spiego adesso in modo semplice cosa sono i Progetti di vita e perché servono competenze tecniche per realizzarli.
Facciamo il caso che qualcuno vi dicesse:
Ti do il terreno e ti do anche i soldi: costruisciti la casa dei tuoi sogni!
E voi vi mettere a disegnarla, poi date il vostro disegno ad un’impresa edile, e gli dite di costruirla come l’avete disegnata, ma l’impresa vi dice:
No, questo è solo un disegno, abbiamo bisogno del progetto, abbiamo bisogno d’informazioni tecniche.
Invece con un progetto architettonico della casa dei vostri sogni, qualsiasi impresa ve la costruisce: il Progetto di vita è questo!
Quando qualche famiglia mi manda un Progetto di vita e leggo:
Obbiettivo: accrescere le autonomie
Chiedo: e quindi? La risposta che mi danno è:
Accrescere le autonomie della vita quotidiana
E io domando:
E quindi? Quali autonomie? Facendo cosa e come? Da che punto partiamo e a che punto dobbiamo arrivare.
Se mancano queste informazioni siamo fermi al disegno della casa.
La normativa non aiuta…
Un’altra cosa è che abbiamo una normativa che non ci aiuta. In questo momento stiamo seguendo circa una settantina di Progetti di Vita, la maggior parte dei quali a Roma, per vari motivi, con una realtà, come potrete immaginare, estremamente complessa.
Ci chiamano famiglie da tutta Italia e ci chiedono:
Per il Dopo di noi conoscete delle strutture?
La nostra risposta è: perché? E ci rispondono:
Perché se non hai le strutture cos’altro si può fare?
Come cos’altro si può fare! Qualunque cosa se è ragionevole, sostenibile, se ci sono le condizioni, ad esempio si può fare:
- un progetto domiciliare? Sì che si può fare;
- il cohousing? Sì, si può fare;
- una condivisione gruppo appartamento? Sì, si può fare;
- un accordo per cui la proprietà poi passa al Comune un domani? Sì, si può fare;
- gestire il budget internamente? Sì si può fare.
Fra l’altro su quest’ultimo punto è appena uscito anche il regolamento 17, proprio a gennaio 2025.
Queste sono tutte cose che si possono fare, però purtroppo quando vado a parlare con le istituzioni dicono:
No questo non si può fare
Perché non si può fare? Ed è qui il problema: la sensibilità e l’empatia, sono sicuramente importanti, ma non sono assolutamente sufficienti.
L’importanza delle competenze tecniche
C’è bisogno di personale tecnico che sappia fare, tornando all’esempio della casa, il Progetto architettonico, non solo il disegno della casa.
Il Progetto di vita è un documento tecnico e quindi deve avere alcuni parametri tecnici, se non li ha non è un progetto e, se non è un progetto, è solo un pezzo di carta.
Le famiglie spesso me li mandano, convinte di avere fra le mani un Progetto di vita, invece è solo carta con sopra scritto “Progetto di vita”.
Vi faccio l’esempio di quell’Associazione, che ci ha chiamato, dicendo:
Abbiamo acquistato un casale in campagna e lo dobbiamo ristrutturare, venite a vedere e ci dite cosa possiamo fare?
E noi abbiamo risposto:
Avete acquistato senza sapere cosa dovete fare?
Ci hanno detto:
Sì è per di Dopo di noi.
Il percorso così è il contrario e oggi spesso si fa il percorso contrario. Questo è un altro esempio:
Abbiamo chiesto ad un Comune nelle Marche, un’attività socializzante per una ragazza con disabilità di 17 anni, che aveva necessità di fare certe attività.
La famiglia era anche disposta a pagare, perché la figlia potesse fare queste attività.
Il Comune ci risponde di non avere niente di quel tipo, ma che aveva un bellissimo gruppo di ceramica che doveva partire a breve e per il quale aveva già stanziato le risorse, ma stava ancora cercando i partecipanti.
Abbiamo chiesto:
Avete stanziato delle risorse senza sapere chi parteciperà e a chi è rivolta questa iniziativa?
La Corte dei conti sancisce che:
se in un territorio ci sono 100 persone con disabilità si fanno 100 Progetti di vita e su quelli si vanno ad allocare le risorse e non il contrario.
Questo significa che si deve partire dai desideri e dai bisogni e dal sostegno delle persone e poi si vanno a costruire i servizi, però per fare questo si deve ragionare tutti insieme, perché i servizi non si possono pensare a prescindere dalle persone.
Progettare significa questo: partire da un dato concreto e su quello costruisco, non il contrario, prima costruisco e poi valuto chi ci metto dentro.
Il diritto al Progetto di Vita è il meno riconosciuto
Per questo motivo il diritto al Progetto di vita è uno dei diritti meno riconosciuti e quindi su questo si deve fare tanta formazione e iniziare a ragionare in una logica di rete, con le famiglie e con i professionisti pubblici e privati.
Fino a maggio dell’anno scorso molti Comuni mi dicevano:
Io non parlo con lei, facciamo noi i servizi
Poi è uscito il Decreto 62, con l’art. 24 che mette obbligatoria l’Unità di valutazione multidimensionale e il Progetto di vita individuale personalizzato e partecipato e allora i Comuni hanno cambiato atteggiamento.
Solo così si può pensare ad un welfare inclusivo e soprattutto che parta da quello di cui c’è bisogno e non da quello che io penso che ci possa essere bisogno.
Detto questo per lasciarci con una nota positiva: sappiate che tanti Progetti di vita si chiudono a budget zero.
Basta ricalibrare alcuni servizi e tante cose si possono fare senza l’impiego di altre risorse da parte delle istituzioni.
Vuoi avere maggiori informazioni su Progetti di Vita e inclusione sociale?